Stefano ci scrive dal Congo

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Carissimi,

Come prima cosa vi auguro

Stefano ci scrive dalla
Repubblica Democratica del Congo
 
Carissimi,
 
Come prima cosa vi auguro a tutti un buon cammino di Quaresima. Questo tempo particolare ci richiama il cammino che ogni cristiano deve fare per arrivare a Dio. Ecco il motivo per cui Cristo è morto (e risorto!) per noi: per aprirci la strada verso Dio.
Qui in Congo, la quaresima è un momento privilegiato per la vita parrocchiale: ci sono i catecumeni che si preparano a ricevere i sacramenti del Battesimo, della Cresima e della Prima Comunione (qualcuno anche il matrimonio) durante la Veglia Pasquale.
Poi ci sono le confessioni e i ritiri dei vari gruppi parrocchiali…
Il parroco di Cahi, un quartiere periferico di Bukavu, mi ha chiesto di dare una mano per le Messe della domenica. La parrocchia di Cahi è una parrocchia di periferia abbastanza estesa. Ma è la sovrappopolazione il problema maggiore.
La domenica, ci sono ben cinque messe in cui la chiesa, che ha circa 5.000 posti a sedere, è sempre piena oltre misura. Le messe si susseguono a ritmo continuo: appena il sacerdote entra in sacrestia finita la messa, c’è il cambio dei chierichetti e del celebrante ed ecco che l’altra messa inizia. La campana (c’è una sola piccola campana ma sufficiente per lo scopo) non suona ad ore precise, ma quando la messa che si celebra è all’offertorio: in questo modo tutta la gente sa a che punto si è della liturgia ed ha tutto il tempo di prepararsi per arrivarci. A Cahi, quindi, si vive la “pastorale della massa”!
Per questo motivo, si stanno facendo i primi passi per fare di Panzi, un settore (una zona) della parrocchia, una nuova parrocchia. A causa del numero delle persone che hanno affollato questo quartiere, la domenica si celebrano 4 messe in una chiesa che era un capannone. I posti a sedere sono circa un migliaio.
Per la prima domenica di quaresima, mi hanno affidato la messa dei bambini.
Dal mio arrivo (circa un quarto d’ora prima), fuori dalla chiesa, c’erano già gli animatori che aiutavano i bambini a mettersi in fila secondo le loro “shirika”, le comunità di base presenti nel settore. Ho notato qualche fila: era già lunga una decina di metri. Sono entrato in sacrestia e ho sbirciato dentro la chiesa: erano alla comunione. Finita la messa e dopo l’uscita di tutta la gente, ho osservato il cambio di corale ed a come i bambini sono entrati in chiesa: secondo le “shirika”, con le mani incrociate come esige la buona educazione, senza correre (qualcuno ha tentato di correre, ma è stato subito bloccato dall’animatore). I posti più vicini all’altare sono stati occupati per primi, seguiti dagli altri. I bambini che non hanno trovato posto, hanno seguito la celebrazione seduti fuori.
Ricordandomi delle file che avevo visto poco prima, pensavo che non fossero riusciti a riempire tutta la chiesa. Quando abbiamo cominciato la messa, devo confessare, mi sono meravigliato: ho visto tutti i posti occupati, un bambino vicino all’altro, alcuni con la sorellina o il fratellino in braccio. Mi sono detto: “In dieci minuti i ragazzi si sono moltiplicati per mille !”
Devo ammettere che un po’ di confusione c’è stata. Malgrado i pianti dei più piccoli e il brusio di decoro, e grazie al microfono che funzionava bene, i bambini davanti seguivano con attenzione lo svolgimento della liturgia.
Non ho fatto una predica classica, naturalmente. Sono sceso dall’altare e ho fatto delle domande ai bambini. Mi hanno risposto senza nessuna timidezza e con precisione: erano bene preparati (e abituati alle domande). È molto probabile che ero io il meno abituato a questo modo di fare… In ogni caso la celebrazione è andata bene, almeno mi sembra. La messa ha durato “solo” un’ora per non stancarli troppo e, per il fatto che era la messa dei bambini, abbiamo letto solo una lettura e il Vangelo.
Bene, per il momento è tutto.  Anzi no, ho dimenticato una cosa (come sempre).
Ormai siamo all’inizio di marzo e Pasqua si avvicina. Perciò approfitto a porgervi i miei più sinceri auguri di Buona Pasqua: che il Signore Risorto vi doni la stessa speranza che questo popolo ha per un paese migliore di quello che è oggi e vi conceda la forza di essere segni di speranza nella vita di ogni giorno.

Un saluto fraterno a tutti. A presto.

MANDI   MANDI     Stefano

 

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