Collaborazione tra la Caritas di Udine e la diocesi di Emdibir

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UN PAESE IN GRANDE SVILUPPO, ma afflitto da forti tensioni interne. In visita in Friuli per qualche giorno, il vescovo Musie Gebregiorghis (nella foto), della diocesi cattolica di Emdibir, nel Guraghe etiope, gemellata con quella friulana, ha descritto così l’Etiopia e ricordato che solo poche settimane fa tutti i capi religiosi del paese si sono uniti per un appello per la pace.

 
 

 IL «GRAZIE» DEL VESCOVO CATTOLICO DI EMDIBIR,MUSIE GEBREGIORGHIS, IN VISITA IN DIOCESI 

 
 
UN PAESE IN GRANDE SVILUPPO, ma afflitto da forti tensioni interne. In visita in Friuli per qualche giorno, il vescovo Musie Gebregiorghis (nella foto), della diocesi cattolica di Emdibir, nel Guraghe etiope, gemellata con quella friulana, ha descritto così l’Etiopia e ricordato che solo poche settimane fa tutti i capi religiosi del paese si sono uniti per un appello per la pace. Pace necessaria non solo per il paese, ma per la stabilità di tutto il Corno d’Africa. Da anni la diocesi di Emdibir ha stabilito stretti rapporti d’amicizia e collaborazione con il Centro missionario di Udine e la visita di Gebregiorghis ha costituito anche l’occasione per rinnovare la riconoscenza del Paese per il sostegno economico e l’impegno di tanti volontari friulani in Etiopia. In Friuli Gebregiorghis ha incontrato l’Arcivescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato e i seminaristi, poi la comunità di San Marco a Udine e ha celebrato la S. Messa anche a Treppo Carnico e a Invillino.
 
Mons. Gebregiorghis, quali sono i progetti di collaborazione attualmente in piedi con la diocesi di Udine?
«Da molti anni, attraverso l’Ufficio missionario diocesano, i friulani ci sono vicini con tante attività: le adozioni a distanza, ad esempio, ma soprattutto la nostra grande scuola professionale, una struttura molto apprezzata, che ci stiamo impegnando a potenziare ancora, insieme».
Quali sono le necessità?
«Oggi la scuola offre corsi di falegnameria, informatica e diverse altre attività tra cui l’agricoltura. È molto importante, ad esempio, dare la possibilità ai contadini di migliorare i sistemi agricoli della zona perché qui la gente non sa neanche arare con i buoi, si continua ad arare la terra con le braccia. Facciamo grandi sforzi perché sappiamo che il progresso di una nazione passa attraverso la scuola. Questi giovani avranno un futuro migliore dei loro genitori».
In questo momento ci sono volontari impegnati a Emdibir nell’ambito del gemellaggio con Udine?
«Sì, due volontarie. Giuliana Tavoschi, di Invillino, e Noemi Iaffaldano, piemontese. Una lavora sull’aspetto agricolo, l’altra assiste nella scuola professionale. Il loro aiuto è molto prezioso per noi. Tra l’altro, insegnamo anche alle donne a coltivare gli ortaggi per il consumo locale e, se possibile, per vendere e riuscire a mantenere la loro famiglia. Abbiamo avviato un progetto con una quindicina di donne, che stanno facendo progressi molto significativi».
Un sapere che poi verrà tramandato. Ma l’impegno non si ferma qui. Sul fronte della sanità?
«Abbiamo due ospedali e sette cliniche seguite dalle suore. Ogni clinica serve oltre 200 persone al giorno, gli ospedali fino a 300. Sono di grande utilità perché qui la mortalità infantile era molto alta, ora è in calo. Un servizio apprezzatissimo dalla popolazione, dal momento che si salva la vita a mamme e bambini».
La Chiesa cattolica è una minoranza in Etiopia, tutte queste attività sono viste con sospetto?
«Assolutamente no. Ci apprezzano molto. Sanno che non siamo qui per fare proselitismo ma attività sociale. Pur essendo minoritaria, la Chiesa cattolica si è presa in carico quasi il 50% delle attività sociali. Le nostre scuole sono frequentate al 99% da ortodossi, da musulmani e da studenti delle più diverse religioni. Sono gli stessi musulmani a ringraziarci. Anche il primo ministro quando ci ha incontrato ha elogiato la Chiesa cattolica come chiesa aperta a tutti, che aiuta tutti».
Oggi l’Etiopia sta vivendo un momento di crescita dal punto di vista economico…
«È vero, negli ultimi anni abbiamo vissuto una fase di sviluppo, soprattutto nelle grandi città. Il telefono è ormai a disposizione in tutto il paese, la luce elettrica si sta sviluppando, quasi tutti gli stati federati sono collegati con strade camionabili e ultimamente è stata inaugurata anche una grande ferrovia, di 800 chilometri, costruita da cinesi, che va da Gibuti ad Addis Abeba… Ci sono anche tante cose in programma, che ci danno speranza».
Restano, però, tante tensioni.
«Purtroppo è così. Questo sviluppo è stato possibile perché c’era la pace. Nelle scorse settimane noi capi religiosi abbiamo fatto una dichiarazione pubblica sulla situazione attuale, richiamando alla pace e cercando di mantenere un certo equilibrio: chiedendo da una parte ai sovversivi di tenersi più calmi, dall’altra al governo di dar voce a chi reclama alcuni diritti. Speriamo di essere ascoltati. L’Etiopia ha bisogno di pace, e non solo per se stessa. Nel Corno d’Africa il Paese gioca infatti un ruolo molto importante. La stabilità dell’Etiopia è interesse di tutti».
MARCO TEMPO E VALENTINA ZANELLA
 
 
Servizio realizzato in collaborazione con ‘Radio Spazio’

 

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