Cari amici Missionari/e,
In questi giorni riemerge in tutti un’emozione profonda: la paura. È una condizione propria non solo degli umani, ma anche degli animali. Ci fa sperimentare la nostra creaturalità, la fragilità, la precarietà e dipendenza. L’immagine biblica dell’uomo fatto con l’argilla è veramente profonda. Possiamo riconoscerla senza vergognarci e così impariamo a gestirla. Se il Creatore ci ha dotato anche di questa forte emozione di sicuro c’è un perché. Senz’altro per non addentrarci con faciloneria in situazioni che possono compromettere la nostra persona o quella dei nostri cari; per ri-conoscere la paura degli altri, delle persone fragili, degli anziani non autosufficienti e soli, dei bambini, delle persone drammaticamente insicure, dei “falliti”, di coloro che stanno subendo violenze e sono indifesi, dei migranti.
Ora che sperimentiamo la paura condividiamo una condizione universale: siamo fondamentalmente uguali a tutte le persone e i popoli della terra. Gli spettacoli televisivi ci hanno talmente feriti e abituati alle scene di violenza, reali o esibite nei film, che ne abbiamo fatto il callo, l’abitudine e ci siamo anestetizzati con l’indifferenza per sopportarle.
Noi credenti in Gesù Cristo, fratello e Signore, abbiamo numerosi riferimenti di condizioni simili anche nel Vangelo. Possiamo meditarli per imparare a leggere anche i fatti che stiamo vivendo in questo tempo di Virus pandemico. Gesù invita i discepoli a non avere paura quando rischiano di affondare nelle acque del lago di Tiberiade; quando, dopo la resurrezione, lo vedono camminare sulle acque del lago venendo loro incontro (Matteo 8,26; 14,16). Nella parabola dei talenti il Signore distribuisce ai suoi servi molte delle sue sostanze e uno di essi cerca di scusarsi per non averle fatte fruttificare. Lui lo rimprovera aspramente per essersi fatto impadronire dalla paura, cioè per non aver vissuto (Matteo 25,25).
La paura ci ha colti tutti di sorpresa con un’insidia presente, invisibile, di cui non si conosce la portata e la fine. Abbiamo, però, la possibilità di ripensare positivamente al senso della nostra vita, al valore delle persone con cui viviamo e delle cose che usiamo e consumiamo. Ora che maggiormente abbiamo bisogno degli altri, delle persone care e degli amici, siamo obbligati a starne lontani.
Possiamo, però, farci presenti con il telefono per rincuorarci a vicenda. Possiamo fare una telefonata alle persone sole, vicine o lontane. Possiamo sentire la presenza silenziosa e misteriosa del Padre di Gesù Cristo nella lettura della sua Parola, nella preghiera personale e familiare per tutta l’umanità e per coloro (professionisti e volontari) che portano il peso del servizio verso gli ammalati e i poveri. È il servizio verso chi è nel bisogno che ci distingue fra credenti veri o millantati.
Questo tempo è opportuno per renderci conto di chi ci vuol bene nella quotidianità. Niente è scontato e possiamo imparare a dire grazie. Questo tempo è, pure, occasione per passare al vaglio la nostra fede e rimanere con l’essenziale, per purificarlo e nutrirlo. La sapienza si nutre dell’esperienza e del confronto con la realtà e la Parola di Dio. Quello che viviamo fa parte della vita e se sappiamo interiorizzare l’insegnamento cresceremo come persone, come credenti, come familiari, come cittadini del nostro paese e del mondo. Gli eventi e i fatti si qualificano come grazia o disgrazia dal come si vivono e non in sé stessi. La sapienza proverbiale del popolo friulano dice che: Nol è mai un mâl che nol sedi ancje un ben”. Questo emerge dal come si sa vivere.
La Quaresima e la Pasqua di questo 2020 ci portano una sofferenza globalizzata. La vivremo in famiglia e sarà illuminata da una resurrezione altrettanto universale. È quando si soffre la fame che si capisce e si hanno occhi per chi la patisce abitualmente. È quando si è ammalati e soli che comprendiamo chi lo è normalmente. È quando non possiamo celebrare comunitariamente il passaggio di Gesù nella vita che ci rendiamo conto del dono prezioso della liturgia e della preghiera comunitaria. Questo tempo di “digiuni”, può trasformarsi in incontro personale con Dio, la comunità, l’umanità e noi stessi.
La Quaresima di quest’anno la viviamo realmente con una portata personale, familiare, comunitaria, mondiale. La pandemia non ha confini come anche i doni di Dio. Impareremo a valorizzare i beni della creazione, che diamo per scontati, i beni relazionali, che sono le fondamenta della nostra persona e cultura, i beni spirituali che ci accomunano e sono patrimonio dei popoli della terra, i beni della fede cristiana, che preparano all’incontro personale con Gesù Cristo. Mai come con
questa esperienza possiamo comprendere come un bene possa essere universale=cattolico e camminare su tutte le strade del mondo. Gesù Cristo vivo lo incontreremo nel giardino fiorito dove era stato sepolto assieme alla speranza dei suoi amici e dei poveri che aveva guarito e liberato.
Se si presentasse l’occasione di fare la pace, di regalare o chiedere il perdono a qualcuno, sarà stato anche questo un tempo di grazia.
Buona Pasqua a tutti voi.
Don Luigi e amici del CMD di Udine
Udine 25 marzo 2020
Festa dell’Annunziazione