LA CAMPAGNA
A Khartoum vive e lavora da tempo Padre Luigi Cignolini, originario di Codroipo, superiore dei Comboniani e coordinatore delle missioni cattoliche del Sudan. Sarà lui il nostro referente per i progetti.
Così ci scrive nell’ultima e-mail inviataci il 22 gennaio 2005:
“Carissimi, è stato un vero piacere sapere della vostra campagna Quaresimale a favore del Sudan e del Dar-Fur. Ero a Nyala poco prima di Natale ed è emergenza continua.
Assieme ad altri che operano nella zona abbiamo cercato di vedere se si poteva pensare a qualche programma educativo o simili, ma sembra quasi impossibile. La prima necessità è mangiare (almeno una volta al giorno e per tutti i giorni e qualcuno ancora non ci arriva…) e bere. E gli sfollati sono così tanti… Poi arrivano le malattie, le diarree, per una dieta che è sempre quella: sorgo o granoturco bolliti con un po’ di olio quando c’è. Veniva la pellagra anche ai nostri bisnonni a mangiare sempre la polenta! Altro problema è trovare con che cucinare e potete solo immaginare l’impatto ecologico. Non parliamo poi della situazione sanitaria…
Altra necessità di intervento sono le zone periferiche del Dar-Fur nel Nord del Bahr al Gazal dove molti stanno scappando approfittando della pace appena firmata dal Governo e l’SPLAM. Interessa soprattutto la diocesi di Wau ed in particolare le città di Raga e Awil. In quest’ultima c’è una scuola gestita dalla missione. Sono sicuro che ha bisogno di sostegno. Il parroco è un sacerdote diocesano…solo…”.
LE GUERRE IN SUDAN E L’AGONIA DEL DARFUR
Il Sudan è un paese grande quasi nove volte l’Italia (2.503.883 Km2), con più di 36 milioni di abitanti ed una densità di 14 ab/Km2. La maggior parte della popolazione è musulmana (70%), concentrata principalmente nel nord del paese. I cristiani rappresentano il 5% dei sudanesi, mentre gli animisti il 18%. Il Sudan, potenzialmente, non è un paese né povero né sfavorito; anzi, le acque del Nilo Bianco e del Nilo Azzurro che si congiungono presso la capitale Khartum, canalizzate, potrebbero sviluppare un’agricoltura capace di sfamare, da sola, metà degli abitanti dell’intero continente africano.
È un paese ricco, inoltre, di giacimenti di gas e di petrolio. A rendere questa terra fertile così povera sono le guerre endemiche che la stanno flagellando dalla sua costituzione.
STORIA
Il primo gennaio del 1956 venne proclamata l’indipendenza del Sudan ed immediatamente iniziò una guerra fra nord e sud del paese che si concluse con la pace firmata ad Addis Abeba nel 1972. Nell’accordo il governo prometteva, una larga autonomia al sud del paese che, di fatto, non venne mai concessa. Il fattore scatenante che nel 1983 provocò la ribellione delle popolazioni del sud e la caduta del regime militare di Nimeiryi fu la decisione del dittatore di rendere la sharia, il diritto musulmano, legge di stato. A ciò seguì un breve triennio di esperienza democratica terminato nel 1989 con il colpo di stato del generale el Bechir che prese il potere appoggiato dai fondamentalisti islamici inimicandosi, già allora, la super potenza statunitense. Nel 1999 la svolta: il dittatore cacciò i fondamentalisti islamici rifugiati e tentò di avviare colloqui per la soluzione del problema del sud Sudan.
Nel 2003 però, si accese la repressione nell’Ovest del paese, il Darfur, che avrebbe voluto ugualmente ottenere l’autonomia.
LA CRISI DEL DARFUR
La provincia sudanese del Darfur si estende su una superficie paragonabile a quella della Francia ed è suddivisa nei 3 Stati del Darfur settentrionale, meridionale e occidentale, la cui popolazione – 6,7 milioni di abitanti – rappresenta il 20% degli abitanti dell’intero Paese.
Il conflitto che sconvolge la regione ha avuto inizio nel febbraio 2003, quando gruppi a base etnica africana hanno preso le armi per contrapporsi agli attacchi sferrati contro i loro villaggi da milizie nomadi di origine araba, i Janjaweed, bande che più fonti indicano armate dal Governo centrale interessato al controllo del territorio e delle sue risorse. La guerra civile che ne è scaturita ha prodotto gravissime violazioni dei diritti umani, violenze efferate a danno dei civili e il saccheggio e la distruzione di interi villaggi. La situazione in Darfur rappresenta oggi una delle più gravi crisi umanitarie. Il conflitto, che da oltre un anno e mezzo sconvolge l’area rimane tuttora irrisolto, con un costante aggravamento delle condizioni di vita delle popolazioni. Nonostante gli sviluppi positivi dei colloqui di pace di Abuja, in Nigeria, la situazione non accenna a migliorare, con un acuirsi dei combattimenti, accompagnati da una generale insicurezza e da un banditismo diffusi. Alla fine del 2004 i civili colpiti dalla guerra risultavano oltre 2 milioni, di cui 1,8 sfollati all’interno dei confini nazionali e 200.000 rifugiati nei campi profughi allestiti nel Ciad. I 2/3 delle popolazioni colpite sono donne e bambini, ridotti in condizioni disumane ed esposti al costante pericolo di malattie, abusi e violenze.
Finora sono morte per fame e malattie almeno 80.000 persone. Il Governo di Khartoum insiste affinché gli sfollati facciano ritorno alle rispettive terre di origine, senza che vi siano le condizioni minime di sicurezza per il loro reinsediamento. Gravi problemi continuano a sussistere nel campo dell’accesso all’acqua potabile, della disponibilità di cibo e di servizi. I tassi di mortalità tra le popolazioni sfollate sono fino a 10 volte superiori ai livelli registrati per il resto della popolazione sudanese e hanno di gran lunga superato il livello di riferimento usato dalle agenzie umanitarie per indicare le situazioni di crisi umanitaria: 1 decesso al giorno ogni 10.000 persone; nel Darfur settentrionale il tasso di mortalità ha raggiunto il livello di 1,4 morti al giorno ogni 10.000 persone, nel Darfur occidentale quello del 2,9.